Bollettino della primavera / Il Principe azzurro è gay

Amici, amiche, lettori conosciuti e sconosciuti. Latito da un po’, lo so. Ho avuto delle settimane impegnative, che per quanto impegnative non mi hanno dato nessuno spunto per scrivere qualcosa che potesse interessare (oltre me) anche il resto del mondo. Non che oggi sia particolarmente ispirata, però comincio a scrivere ché non si sa mai.

Ero in macchina prima, tornando a casa ho sbagliato un paio di svolte (vivo a Torino da quando sono nata e riesco ancora a sbagliare le svolte, va beh) e ho allungato il percorso di almeno un quarto d’ora, senza contare che erano le sei, orario di punta nella nostra metropoli tentacolare. Ho attaccato l’iPod allo stereo e ho messo su la playlist “All time favourites” e sono partiti gli Alt-j.

She may contain the urge to run away 
But hold her down with soggy clothes and breeze blocks…

Sto attraversando la Dora, c’è un macello indescrivibile, ma alzo il volume al massimo e comincio a dondolare la testa e a canticchiare. Questa canzone mi porta lontano, a più di un anno fa, quando ho scoperto gli Alt-j e ho cominciato ad ascoltare loro e pochi altri, nella mia stanzetta di un metro per un metro in Inghilterra. Il semaforo è eterno. Ci penso spesso, ultimamente, a quando ero via, dato che se tutto va  come deve andare, tra sei mesi me ne sarò di nuovo partita alla volta del paese più piovoso dell’Europa. Sbaglio la famosa svolta e finisco al fondo di corso Regina.

‘Til morning comes… Mmmmh let’s tessellate

Che poi mi i testi degli Alt-j han veramente poco senso. Comunque sono al fondo di corso Regina, mi giro verso il Po e vedo la città in fiore. Mentre giro su corso Moncalieri e prendo un po’ di velocità, del maledetto polline entra dal finestrino e finisce dritto nel mio naso. Però la primavera è la mia stagione. Secondo me bisogna diffidare delle persone che preferiscono l’inverno alla primavera. Come si fa? Dico è la mia stagione perché ogni suono, ogni odore, ogni colore che vedo riapre un qualche cassetto della memoria chiuso da tempo e il ricordo mi avvolge, un po’ come quando Harry Potter si butta nel Pensatoio.

This is for, this is for… This is for Matilda

In un attimo ecco la primavera dei miei 18 anni. Andavo al liceo, mi piaceva studiare, ma anche andare a prendere i caffè in centro con le amiche, fumando sigarette, sempre facendo attenzione a non incontrare nessuno che conoscessimo, per non essere “sgamate”. All’epoca frequentavo un ragazzo che mi piaceva un sacco e che mia mamma chiamava “il tuo amichetto”. Mi scriveva messaggi dal tono poetico e mi portava a spasso al Valentino. Devo dire che il Valentino è un must per le coppiette, però è stato il mio primo Valentino romantico, e non è che ci andassi spesso, solo quando ero piccola a giocare. Comunque, strano a dirsi, il tizio in questione dopo un paio di mesi è poi scomparso nel nulla cosmico. STRANO!

Get high, hit the floor before you go, 
Matador, estocado, you’re my blood sport 

La primavera del primo anno di università invece era stata epica. Per il mio compleanno le mie amiche mi avevano portato in collina a mangiare torta e bere birra, la qual cosa combinata col sole cocente sulla testa non ci aveva fatto esattamente bene. Ricordo perfettamente il momento in cui scoprivo che il regalo dei miei genitori era la bicicletta e mi mettevo a piangere perché non la volevo. Bel caratterino. Poi quella bici è diventata il simbolo della mia libertà, della mia indipendenza, della mia crescita. Dopo quella primavera (e quell’estate) finalmente non ero più una ragazzina. Il che non è così figo come sempre. Però quella primavera avevo un’amica in più e il cuore pieno di fiori e buoni sentimenti (successivamente l’amica è rimasta ma il cuore è stato strappato a morsi da un brutto cane a tre teste comunemente chiamato Amore).

Forty eight thousand seeds, please, send rose, for my memories of you

La scorsa primavera praticamente non la ricordo. Tornata da poco dopo sei mesi fuori di casa, il primo periodo è stato duro e – strano a dirsi per me – i ricordi sono sfocati e mescolati tutti insieme. Pazzesco come il nostro cervello (o chi per lui) cerchi di eliminare le tracce dei brutti pensieri e dei momenti di smarrimento. Mi piace pensare che cerchi di preservarci dal peggio. Credo che un sostrato di dolore rimanga impresso da qualche parte, sepolto ma pronto a salvarci quando stiamo per fare qualcosa di azzardato o quando le cose continuano ad andare per il verso sbagliato. Secondo me riveste le pareti di quel famoso posto in cui “più in fondo di così, c’è solo da scavare”.

She makes the sound, the sound the sea makes to calm me down. 

Oh, sono arrivata a casa. La macchina è piena di polline. Questo mi riporta al presente e alla primavera appena incominciata. In questi giorni mi sento amata. No, non ho trovato il Principe Azzurro. Quello non esiste e se esiste è fidanzato con un’altra – o gay. Da un giorno ho ventitré anni e ho passato il compleanno circondata da persone a cui voglio bene e che mi vogliono bene. E sono incredibilmente tante. Oddio, detta così potrebbe suonar antipatica. Però sapere che esiste gente che mi apprezza e mi festeggia e mi canta tanti auguri e mi regala qualcosa e mi cucina la parmigiana e mi prepara la torta, questo mi fa sentire amata. 

Mentre metto la macchina in garage parte una canzone che fa:

It’s ok I just wanna clap my hands
It’s ok I just wanna fuck your friends

Raga whattttttttttttt?! Cioè stamattina ho detto a qualcuno che la società è maschilista perché ci sono 14 sinonimi della parola “zoccola” e poi sta tizia canta che si vuole scopare gli amici di qualcuno?! Tesoro fallo, ma fallo con discrezione.Immagine

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